Cultura

Pietro Mereu: «Mi considerano l’ambasciatore della longevità»

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Il regista Pietro Mereu con il maestro Oliviero Toscani

Esperto di longevità, il regista sardo Pietro Mereu il prossimo 15 dicembre sarà ospite dell’evento “Cent’anni insieme”, organizzato alla Manifattura Tabacchi di Cagliari. Un’iniziativa volta a promuovere il turismo esperienziale in cui il filmmaker svelerà i segreti dell’elisir di lunga vita attraverso la proiezione del suo documentario “Il club dei centenari”. Promotore di uno stile di vita sano, che da secoli in Ogliastra contraddistingue i paesi della Blue Zone della Sardegna, Mereu è considerato l’ambasciatore di una terra dove è possibile superare le cento primavere.

Si considera un ambasciatore della longevità in Sardegna?

«Sono un regista di documentari, nel 2021 ho deciso di organizzare un evento sulla longevità a Milano, creando un format partendo da un mio docufilm. Oggi non è facile distribuire certi prodotti, ho replicato a Porto Cervo lo scorso agosto. Non sono un esperto di longevità, ma conosco molti scienziati, medici, centenari e le loro famiglie. Quindi, osservandolo, mi sono appassionato all’argomento approfondendo le mie conoscenze. Cerco di mediare tra il mondo scientifico, i luoghi della longevità e la comunicazione, mi considero un divulgatore del tema. Ambasciatore? Non spetta a me dirlo».

Media e longevità, pensa che il tema sia trattato in maniera superficiale?

«Viviamo in un’epoca in cui la velocità del flusso di informazioni è enorme, ma a scapito dell’approfondimento. Anche in merito alla longevità, talvolta, si tende a banalizzare il fenomeno tanto per riempire qualche minuto di trasmissione o una pagina di giornale. Ottimo sul piano della diffusione, però bisognerebbe creare una vera e propria cultura della longevità in maniera più approfondita».

Come?

«Ho fondato un festival che ha debuttato a Milano lo scorso anno e poi è stato perfezionato quest’estate. Si chiama “Longevity Fest” e l’obiettivo è quello di dare risposte a domande che vanno un po’ più in profondità, coinvolgendo gli scienziati impegnati nelle ricerche. Io ci metto la mia creatività e, per esempio, ad agosto ho invitato in Ogliastra il maestro Oliviero Toscani che ha fotografato 36 persone tra over 90 e centenari. A mio avviso, i suoi scatti hanno qualcosa in più, un artista longevo che ritrae altri longevi. Un tentativo di andare oltre la banalità e i cliché».

Il regista Pietro Mereu con il maestro Oliviero Toscani

Con Toscani ha in programma una grande mostra, a che punto è il progetto?

«In questo momento stiamo vagliando diverse offerte, ma posso dire che ci sarà un evento all’estero e, successivamente, magari approderà in Italia».

Cosa intende per cliché e cosa si può fare per andare oltre?

«Secondo me basterebbe fermarsi e pensare a tutti i livelli, in alcuni programmi si potrebbe chiedere ai centenari quali sono le loro abitudini alimentari e i cibi che non mangiano».

Per esempio?

«La maggior parte di loro non mangia alimenti contenenti conservanti, alcuni mangiano poco come pulcini ma sono in salute e, spesso, non prendono neanche una pastiglia».

Come si può rendere interessante l’argomento?

«Con un po’ di chiarezza, per esempio su come nasce e si determina una Zona Blu, sapendo che per individuarla è necessario effettuare una ricerca sulle anagrafi dei comuni poiché la longevità va storicizzata. Non è detto che se in un paese ci sono 3 centenari su mille persone, automaticamente quel paesino diventerà Zona Blu. C’è ancora troppo pressapochismo».

Dan Buettner, cofondatore delle Blue Zone, parla di veganismo. Cosa ne pensa?

«Per quanto riguarda la Zona Blu sarda, dove sono nato e vivo, gli anziani mangiano la carne, non tantissima ma la consumano mettendo il lardo nel minestrone. Da giovani, parecchi pastori mangiavano prevalentemente formaggio, pane carasau ed erbe spontanee: camminando per decine di chilometri al giorno non accumulavano grasso».

Che idea si è fatto della longevità?

«Credo sia qualcosa di multifattoriale, i longevi vivevano immersi nella natura senza stress, all’interno di famiglie e comunità molto coese e accoglienti. Tutto il contrario di oggi: la gente è sempre connessa sul web, ma è più sola e isolata».

Ormai è un esperto del tema, ha smesso di fare il regista?

«Assolutamente no, il mio ultimo lavoro si intitola “L’ultimo centenario” e parla ironicamente dell’impatto dei media sui luoghi e sulle popolazioni delle Blue Zone».

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