La passione, il dolore e infine l’indifferenza, è la storia di “Martina”, il nuovo singolo di SVD in uscita il 10 giugno.
“Martina” è il racconto di una storia turbolenta, un rapporto che che passa da cento a zero e lascia tanto dolore, ma è anche la consapevolezza che, l’essere giunti all’epilogo, è la scelta migliore per star bene.
In “Martina”, come nei singoli precedenti “Mina e Celentano” e “Libertà di Parola”, SVD canta senza filtri e senza distinzioni in una storia che culmina con la volontà di imparare ad affrontare il dolore ed essere finalmente liberi.
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“Martina è un brano che parla di tutto e di niente.
Parla di un qualsiasi tipo di rapporto burrascoso; poco importa se parla d’amore o d’altro.
È la poco importanza che diamo a noi stessi nel momento in cui subentra nelle nostre vite quella persona.
È il caricarsi di tutto il peso, che in questo caso è il “non raggiungimento”.
Sentirsi nulla e nulli difronte a lei, coscienti del fatto che potrebbe distruggerci, se solo lo desiderasse.
E Martina non è altro che una scelta giusta per la propria crescita personale.
È il capire che ciò che poi diventa “niente di che “ in passato, qualcosa ce l’ha lasciato.
È l’ennesima prova che la poca stabilità relazionale è derivata dal volersi mostrare per quello che non si è, pur di raggiungere l’impossibile.
Bisogna capire cosa non si vuole , prima di accettare cosa si può avere .
E chi ci ha fatto male in passato, prima o poi, diventa niente di che”.
https://www.instagram.com/svdbutcute/?hl=it
CREDITI
Scritto da: Francesca Fagioli
Composto da: Marco Paganelli, Ehrmantraut
Prodotto da: Marco Paganelli, Ehrmantraut
Edizioni: Tuttomoltobenegrazie srl, LaProdigy Dischi S.r.l.s
SVD _ artista non verificato
Sono un libro aperto, quasi una storia splatter. Se c’è da dire una parolaccia la dico.
Mi annoia parlare di me, non ci so stare al centro dell’attenzione, perché anche se credo poco allo zodiaco sono un leone, e giuro che mi ci mettono gli altri, al centro. Stare al centro quando si è diversi non è bello.
Scegliere il neutro. Nessun riconoscimento è meglio. Non verificarsi.
Ora sono felice, perché nella tristezza ci si tuffa, e poi se ne esce.
E li capisci cosa ti fa star bene. Ne esci per scelta, mica a caso.
Quando ho capito che ero triste fino al collo ho deciso di scrivere poesie. Ho scritto un testo argomentativo sui sogni, uno scarabocchio narrativo che ha fatto piangere mia madre. Era malessere, volevo capire cosa mi faceva stare bene e male. Stare male non poteva essere vergogna. Forse poteva diventare altro, tipo musica. Per capirsi bisogna affrontarsi anche nel male. Ci sono sempre il bene e il male. Vanno e vengono.
Il mio nome è una fase, è un nascere e morire e rinascere e morire senza punti fissi.
Io inizio a Roma Svd con la musica. Sono a volte molto svd, se vuoi leggerla come sad.
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