Arthur Rambo – Il blogger maledetto, liberamente ispirato alla storia del cronista radiofonico Mehdi Meklat, Arthur Rambo – Il blogger maledetto è un film diretto da Laurent Cantet, che con la sua consueta bravura analizza le sottigliezze e le sfaccettature dell’identità e della società, conducendo nei meandri dei social media attraverso il tema degli sfoghi offensivi sui social. Ribadendo che tanti leoni da tastiera, primo o poi, fanno una pessima fine.
“Ti rendi conto di quello che hai scritto, almeno? I messaggi che escono sono terribili!”. “Ho più di duecentomila follower e nessuno mi ha mai detto niente”. “La provocazione va di moda”. “Non possiamo difendere l’indifendibile”. Definire questo un film geniale o che tutti dovrebbero vedere non è sufficiente, perché, al di là dell’ottimo protagonista e della bravura di Cantet, si getta nel più grande problema dell’umanità attuale: lo scontro tra libertà totali di espressione e capacità di potere o voler offendere tutti attraverso centosessanta caratteri di Twitter (in questo caso specifico, ma ciò vale anche per tutte le altre piattaforme di social network).
Uno scontro fin troppo attuale, tra giornalisti, esperti politici o semplici cittadini, tutti che si sentono liberi di poter non solo esprimere la propria opinione, ma anche di offendere liberamente, aumentando una cultura di odio e scontro che sembra essere un gigantesco girone dantesco. Nel passato, in realtà sono sempre esistite queste possibilità. Possiamo citare il Pasquino di Roma, lettere aperte; ma, senza dubbio, gli incontrollabili social network (o, viceversa, anche troppo controllabili) fanno di Arthur Rambo – Il blogger maledetto qualcosa che va ben oltre i suoi meriti cinematografici. Cantet analizza lucidamente in poco più di 80 minuti l’ascesa e la caduta del suo protagonista (un fantastico Rabah Naït Oufella), da scrittore di successo con il romanzo Débarquement di Karim D. – che tratta del fenomeno dell’immigrazione e dell’irrisolto problema delle periferie francesi, le ben note banlieu, vero e proprio specchio tossico della Francia attuale – alle inarrestabili conseguenze di alcuni vecchi Tweet eccessivamente razzisti.
Spinge davvero a riflettere l’uscita di questo lungometraggio nei cinema italiani a pochi giorni dal rinnovo presidenziale di Macron, che però lascia intatti i problemi. E se il film è davvero lo specchio della Francia attuale, la sua tematica, in realtà ,rappresenta tutto il mondo. Un mondo tossico tempestato di Tweet razzisti, antisemiti, omofobici che, con umorismo nero, ci riporta la storia. Una storia che vede il giovane Karim che, dopo essere diventato una star insultando tutti (ma in modo diverso dice lui), si trova in breve il successo contro a causa dei propri Tweet razzisti del passato. E, se da una parte gli immigrati vedono in ciò una rivincita, i circoli letterari snob lo gettano nella fossa dei leoni. Arthur Rambo deve morire, il protagonista farà di tutto per eliminare il suo alter ego, ma questo rischia di far precipitare la sua base di consenso.
Karim, quindi, si trova solo contro tutti , famiglia, ammiratori fidanzata. L’abile sceneggiatura tessuta dal regista stesso insieme a Fanny Burdino e Samuel Doux esplora in modo metodico tutte le ramificazioni della doppia personalità, un Icaro che brucia le sue ali, un dottor Jekyll e Mr.Hyde, riuscendo alla perfezione a far comprendere come una frase o una parola di troppo scritte con leggerezza sugli attuali media possano scatenare non solo l’odio, ma qualcosa che va ben oltre un’osservazione. In definitiva, Arthur Rambo – Il blogger maledetto dovrebbe essere visionato obbligatoriamente nelle scuole superiori e a tutti coloro che, iscritti su social network, amano postare i propri arguti commenti e critiche. Probabilmente finirà per essere copiato dagli americani per puntare a qualche Oscar, come recentemente dimostrato dal vincitore CODA – I segni del cuore. Dobbiamo riconoscere che il cinema francese riesce in certi casi davvero ad essere lo specchio del mondo.
Comments