CinemaFestival di Venezia

Freaks Out, il premio al coraggio di osare di Gabriele Mainetti

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Se “Lo Chiamavano Jeeg Robot” era stata la piacevole novità nel desolante panorama del nostro cinema con “Freaks Out” abbiamo avuto la conferma di aver trovato un autore in grado di portare aria fresca nei polmoni dello spettatore. Gabriele Mainetti osa scrivendo con l’amico Nicola Guaglianone e Menotti una storia in cui il war movie della seconda guerra mondiale si fonde sul tema della diversità e con il fantasy, cardine di una visione artistica ormai pienamente riconoscibile seppur si tratti ancora di un’opera seconda.

Siamo davanti ad un blockbuster d’autore, uno di quei film che forse al mondo soltanto Quentin Tarantino e Peter Jackson riescono a fare regalando una qualità sfavillante. In Freaks Out c’è tutto quel che avremmo sempre voluto vedere in un film italiano: scrittura sopraffina, regia abbagliante e al contempo intimistica, protagonisti in stato di grazia ma soprattutto effetti speciali che non facciamo lesa maestà se paragoniamo con le dovute proporzioni a quanto vediamo nei film Marvel.

Un gioco di magia inframezzato da sangue e morte, una battuta inromanaccio inframezzata dal dolore più puro. Un cast che incanta, dalla giovane Aurora Giovinazzo al meraviglioso Claudio Santamaria, col tocco che non guasta mai di Giorgio Tirabassi che, anche se per poco, fa sentire tutta la sua immensa presenza. Attori brillanti, complici, dei veri professionisti catapultati in una storia apparentemente senza senso e che indaga le sorti umane attraverso la metafora della diversità.

Succede che nel pieno della seconda guerra mondiale ci sia un gruppo di quattro strani circensi che litigano, si fanno i dispetti, proprio come fanno fratelli e sorelle, e ad un certo punto si dividono pure, come spesso accade in famiglia. I tre maschi (uomo lupo, uomo calamita e uomo insetto) si dirigono verso il Zircus Berlin di Roma perché hanno perso il padre-padrone, mentre la ragazza elettrica parte alla ricerca della figura che l’ha raccolta e cresciuta: un padre ebreo già caricato su un carro dai tedeschi.

Mentre il nazismo dilaga e gli ebrei vengono portati via dalle loro case, nel Zircus Berlin vengono condotti strani esperimenti sui circensi, prima accolti come delle star, poi torturati per trovarne il potere straordinario. All’interno dell’organizzazione, un uomo tedesco che vede il futuro è alla ricerca di esseri umani “fantastici” che cambieranno il mondo. Impossibile non pensare al superuomo d’annunziano, come è impossibile anche non trovare un’analogia tra quel “diverso” che viene condotto verso i campi di concentramento e l’uomo con sei dita osannato presso il Zircus per come suona al piano una cover di Creep dei Radiohead, proprio grazie a quelle due dita in più. Lo stesso tedesco che cerca esseri straordinari tra i “diversi”, è a sua volta un diverso escluso dall’esercito per le sue strane mani. Va fatto un plauso straordinario a Franz Rogowski, che dimostra di essere un villain perfetto nella sua imperfezione con cui riesce a creare empatia e quasi simpatia nel pubblico.

 

Freaks Out ha il compito di convincere il pubblico in sala per dimostrare che c’è ancora speranza, la stessa in cui ha creduto un giovane genio romano che ha investito tutto il successo del suo primo film per regalarci la seconda splendida perla della sua filmografia. Due su due, non è da poco.

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